Dino
Buzzetti
L'Informatica Umanistica
come disciplina teorica
Intervento di Dino Buzzetti
nella lista di discussione "idulist"
(idulist@linux.lettere.unige.it) in merito
allo statuto dell'Informatica Umanistica
come disciplina teorica, già argomento
di discussione fra gli iscritti alla lista
(n.d.r.).
Ci sono diversi ordini di
problemi, tutti interconnessi, ma che sarebbe
opportuno tenere distinti:
(1) l'informazione
sulle iniziative nelle varie sedi;
(2) la discussione sulla tabella
per la laurea specialistica;
(3) la discussione sullo statuto
disciplinare dell'informatica umanistica.
Quanto al
punto (1) Oscar Itzcovich, nell'inviare
informazioni specifiche sulle iniziative
in corso si chiedeva:
Possiamo provare a costruire
anche un "inventario internazionale"?
Un inventario di questo tipo
esiste, curato da Tito Orlandi, ed e' stato
pubblicato nel volume:
Computing in Humanities Education: a
European Perspective
( http://www.hd.uib.no/AcoHum/book)
precisamente nel secondo capitolo:
European studies on formal methods in
the humanities (http://www.hd.uib.no/
AcoHum/fm/fm-chapter-final.html)
Mi riferiro' di nuovo a questa
pubblicazione a proposito della discussione
sullo statuto teorico dell'IU.
Quanto al
punto (2), nella discussione sono emersi,
tra l'altro, due problemi distinti:
a. la scarsa presenza di
discipline metodologiche o piu' precisamente
filosofiche;
b. l'alternativa tra quelle che Gino Roncaglia
ha definito le IU "specifiche"
e l'IU "trasversale".
A mio modo di vedere entrambi
i problemi dipendono dal punto di vista
assunto a proposito dello statuto teorico
dell'IU, intesa come disciplina autonoma.
Cerchero' nel seguito di fare qualche osservazione
su questa questione. Prima pero' permettetemi
di osservare che le difficolta' emergenti
nella formulazione della tabella dipendono
dalla mancanza, nel nostro ordinamento,
di un settore disciplinare specifico per
l'IU. Questo anticipa la mia posizione sulla
questione dello statuto teorico dell'informatica
umanistica, che considero una disciplina
autonoma, ma sono convinto che molte delle
opposizioni emerse nella discussione potrebbero
trovare compensazione nell'articolazione
di uno specifico settore disciplinare. Fino
a che questo non esiste, l'alternativa non
e' tra le IU "specifiche" e IU
"trasversale", ma tra le discipline
specifiche (storiche, letterarie, ecc.)
e l'informatica "tout court".
Col risultato che ne' gli umanisti riusciranno
ad applicare correttamente metodi informatici,
ne' gli informatici riusciranno a proporre
metodi adeguati per l'applicazione alle
discipline umanistiche.
La questione fondamentale,
quindi, qualunque iniziativa si prenda nelle
diverse sedi in questo settore, mi sembra
quella di sollecitare l'istituzione del
settore disciplinare. Ho notato che a Firenze
sono state proposte due iniziative diverse,
una dagli storici e una dagli italianisti.
Si faranno la guerra? Si ignoreranno? Vorranno
collaborare? E se lo vorranno, in che forma?
Nessuna delle due IU "specifiche"
puo' pero' pretendere di essere anche "trasversale".
Ma se entrambe attingessero competenze,
per le questioni piu' propriamente informatico-umanistiche
(rappresentazione del testo, schemi di architettura
per le biblioteche digitali, ecc.) ad un
unico settore disciplinare forse ne ricaverebbero
entrambe qualche vantaggio.
Spero che queste considerazioni
siano accolte anche come un invito.
Vengo al terzo
punto (3) e parto da un'osservazione di
Carlo Penco che condivido pienamente: "non
sarebbe male se la direzione non fosse solo
l'informatizzazione dei filosofi [aggiungo:
o degli umanisti in generale], ma l'arricchimento
filosofico degli informatici".
Mi sembra infatti che questa osservazione
concordi col punto di vista espresso nella
pubblicazione che ho gia' citato al punto
(1), <http://www.hd.uib.no/AcoHum/fm/
fm-chapter-final.html>, dove si legge:
"We conclude that it
is pointless to teach computer science
to humanities scholars or students unless
it is not directly related to their domain
of expertise [...]
We conclude that humanities
computing courses are likely to remain
a transient phenomenon, unless they include
an understanding of what computer science
is all about.
To what extent do the above
definitions reflect what is actually going
on at European universities? To answer
this question, we propose to group the
teaching and research carried out at the
various institutions surveyed into three
new categories, using a more abstract
typology than the one used earlier in
this chapter:
- Humanities Computer
Literacy. A very large number of
courses at European universities are
dedicated to the provision of basic
computational skills for Humanities
students. These will usually be geared
towards specific disciplinary needs:
A student of Russian needs to know how
to write, display and print Cyrillic.
As long as they are related to skills
only, they do not influente the way
in which scientific results are gained.
At this level we are simply talking
about the application of tools.
- Humanities Computing.
A much smaller number of courses, and
a substantial number of research projects,
use computationally based methods (like
data base technology) or computationally
dependent ones (like statistics) to
gain scientific results, which could
not be gained without the tools employed.
At this level, therefore, we talk about
the application of methods.
- Humanities Computer
Science. An even smaller number
of courses and projects, finally, deal
with the study of computational methods
themselves, aiming at their improved
understanding, without claiming directly
to gain a new insight in the discipline.
They are involved with the development
of methods [...]
This field of Humanities
Computer Science is populated by persons
who make the study and development
of the possibilities of computer applications
in the humanities their profession.
With a solid background in one or
more humanities fields, they understand
the problems of these disciplines;
with a strong background in computer
science in general, they are able
to contribute to the development of
data structures and algorithms as
defined initially. This is where the
humanities have made some lasting
contributions to computer science.
For example, parsing algorithms which
have been developed by computational
linguists now form part of the canon
of computer science methodology."
Perdonate le lunghe citazioni,
che non sostituiscono la lettura del testo
integrale, ma che servono a chiarire il
mio punto di vista sullo statuto teorico
dell'informatica umanistica. In breve, si
tratta di combinare ricerca avanzata in
campo umanistico e ricerca avanzata in campo
informatico. Qui sta la base per la proposta
di creazione di un nuovo raggruppamento
disciplinare. Se un tale raggruppamento
non si costituisce, chi formera' i formatori,
cioe' coloro che insegneranno l'IU nei curricula
delle IU "specifiche"? O si vorranno
delegare questi compiti agli informatici
puri, che difficilmente avranno cognizione
dei problemi specifici affrontati dall'umanista
nel suo specifico campo disciplinare? Finora,
chi ha raggiunto risultati di ricerca con
l'applicazione di metodi informatici nel
proprio campo disciplinare, l'informatica
se l'e' dovuta imparare da solo. O si ritiene
risolto il problema con la creazione di
semplici pagine Web? Se il problema fosse
tutto qui, pero', non vedrei la necessita'
dell'intera discussione. Un curriculum per
la formazione dei formatori deve comprendere
discipline propriamente informatiche accanto
a discipline propriamente umanistiche.
Ne consegue che non intendo
tanto l'IU come riflessione sui "fondamenti
teorici dell'informatica" (M. Parodi)
-- perche' questo riguarda piuttosto la
filosofia o l'informatica, o entrambe, come
discipline per se' stanti -- ma piuttosto
come disciplina che riflette sulle forme
di rappresentazione della conoscenza piu'
adeguate alle singole discipline umanistiche,
sui modelli di dati che se ne ricavano,
e sull'implementazione dei formalismi che
si possono applicare a tali modelli di dati.
Da un lato la "semiotica" della
rappresentazione digitale (T. Orlandi),
dall'altro i procedimenti di elaborazione
di tali forme specifiche di rappresentazione
della conoscenza. Se tutto cio' sia mutuabile
piu' dall'"intelligenza artificiale"
e dalle "scienze cognitive" (C.
Penco), o dalla "teoria dei sistemi"
(T. Orlandi), dalla semiotica e dalla filosofia
del linguaggio, o da altro ancora, mi sembra
oggetto di una discussione aperta e necessaria,
che puo' contribuire, di per se' stessa,
a delineare proprio i contorni teorici dell'informatica
umanistica.
Infatti, piu' concretamente,
mi pare che si possano collocre precisamente
in questo ambito discussioni come quelle
sul
"semantic web":
cfr. http://www.sciam.com/2001/0501issue/
0501berners-lee.html;
o quelle
"Kahn/Wilenskv framework"
per le biblioteche digitali: cfr. http://www.dlib.org/dlib/
July95/07arms.html
Cito, ad es. dal primo articolo:
The challenge of the Semantic
Web, therefore, is to provide a language
that expresses both data and rules for
reasoning about the data and that allows
rules from any exixting knowledge-representation
system to be exported onto the Web;
e dal secondo:
In the digital library,
what you store is not what you get. The
architecture must distinguish carefully
between digital objects as they are created
by an originator, digital objects stored
in a repository, and digital objects as
disseminated to a user. The user receives
the result of executing a program on the
stored object.
Su questo terreno, competenze
informatiche e competenze umanistiche si
incrociano ad un livello teorico che può
essere legittimamente descritto come il
livello dell'informatica umanistica: gli
oggetti digitali creati dall'umanista debbono,
da un lato, essere adeguati ai nuovi sviluppi
del Web e alle nuove architetture progettate
per le biblioteche digitali e, dall'altro,
servire effettivamente a promuovere la ricerca
nei diversi settori degli studi umanistici.
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